Là dove c’era la città verticale adesso deve crescere quella orizzontale- Corriere.it

2022-07-02 02:52:09 By : Ms. Lisa Liu

Abbiamo scollegato in automatico la tua precedente sessione

Puoi navigare al massimo da 3 dispositivi o browser

Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione

Da mobile puoi navigare al massimo da 2 dispositivi o browser.

Per continuare la navigazione devi scollegare un'altra sessione.

Ucraina-Russia, le notizie in diretta di oggi sulla guerra

Salva questo articolo e leggilo quando vuoi. Il servizio è dedicato agli utenti registrati.

Trovi tutti gli articoli salvati nella tua area personale nella sezione preferiti e sull'app Corriere News.

Sorpresa: la pandemia ha rimesso in movimento Milano. E se l’obiettivo della metropoli «in 15 minuti», con ricuciture fra centro e periferia, è ancora lontano, la rinascita dei quartieri c’è e racconta una storia nuova. Collettiva. Orizzontale

Questo servizio fa parte dello speciale dedicato a Milano che «7» ha pubblicato sul numero in edicola il 3 giugno. Lo pubblichiamo online per i lettori di Corriere.it. Gli altri articoli dello speciale sono sulla pagina web di 7 ma se volete potete aprirli direttamente dal riquadro «Leggi anche» pubblicato in questo pezzo

Lucia spazza i pavimenti nel più antico ospedale di Milano. Ogni mattina, alle 6, lascia un mondo a cui torna dieci ore più tardi. Cinquanta minuti, un’unica linea di tram, separano «casa», le Torri Bianche di via Saponaro, edilizia popolare nella periferia sud di Milano, figlia dimenticata del boom anni 60, dal Policlinico di via Francesco Sforza, fazzoletto di città compreso tra i Giardini della Guastalla, corso di Porta Romana e la Statale. Varca l’ingresso del pronto soccorso, riconosce i muri dipinti a metà, verdi e bianchi, come il pavimento, verde e grigio. Le indicazioni a terra guidano pazienti, inservienti, dirigenti. Tra chi aspetta il proprio turno lungo il muro, seduto di fronte a barelle piene o vuote, qualcuno prega con in mano un rosario, qualcun altro combatte la propria ansia o la noia affidandosi allo schermo di uno smartphone. Lucia passa oltre e assorbe il silenzio rumoroso dei corridoi. Ogni giorno il tragitto tra le sue Torri e la «torre d’avorio» del centro città è un viaggio tra due mondi che a malapena si rivolgono la parola e si sfiorano soltanto quando ci sono di mezzo episodi di criminalità cui far fronte. Perché la città rimodellata in «15 minuti» e la ricucitura delle ferite tra centro e periferia è lì come un promemoria sull’agenda della politica, uno slogan a cui si lavora e che per diventare realtà ha ancora bisogno di tempo.

Ibra, la bandiera (di Milano) più improbabile di sempre, di Marco Imarisio

Love city: un progetto fotografico di studenti racconta l’amore a Milano, di Micol Sarfatti

Dall’Archivio del Corriere: Carlo Emilio Gadda: «Borghesi di Milano, “pantegane” anti meridionali»

Dietro le quinte: «La Milanesiana non è come prendere un tè in giardino», di Elisabetta Sgarbi

Ma non c’è dubbio che Milano guardi in quella direzione: lasciare la sola verticalità, la velocità centripeta. E andare verso ciò che questi due anni hanno focalizzato ancora di più come urgente: l’espansione della città, dei suoi servizi, della valorizzazione di arte e cultura. Una città più collettiva e solidale, che non verticale e accentrata. Milano si scopre, o aspira ad essere, con i suoi grattacieli e le sue ambizioni che guardano all’insù, una città orizzontale. Non lo dicono solo i progetti che disegnano la nuova Milano, ma anche quelli servono a capire dove la città sta andando e come si stia risvegliando dopo la pandemia.

Una via delle periferia milanese nella zona di piazza Selinunte

Trainano il capoluogo lombardo verso il traguardo temporale delle Olimpiadi del 2026, assunto a nuovo spartiacque tra un prima e un dopo come lo fu l’Expo sette anni fa. Sono tutti progetti che spingono Milano, i suoi servizi, la sua anima economica, culturale, sportiva fuori dal tracciato, in orizzontale, cambiando la geografia dei suoi luoghi. Ne scegliamo tre: il distretto Mind nell’area che ospitava, appunto, i padiglioni alimentari da tutto il mondo, a Rho; il Bosco della musica, nuovo campus del Conservatorio Giuseppe Verdi nell’area di Rogoredo; la nuova Citta della Scala negli ex capannoni della Innocenti, zona Rubattino. Tre aree decentrate della città, con tre progetti che porteranno il centro di Milano fuori dal centro, diventando il motore della riqualificazione di queste porzioni cittadine.

Il centro fuori dal centro

Il primo, Mind, diventerà un vero e proprio nuovo quartiere, un grande distretto dell’innovazione scientifica e tecnologica. Un’area di funzioni pubbliche (ricerca, istruzione, sanità: ci sarà il nuovo ospedale Galeazzi da settembre e il nuovo campus della Statale dal 2025), sviluppo privato (sede di grandi aziende locali e internazionali focalizzate nella ricerca e nel medicale, come AstraZeneca) e abitativo da un milione di metri quadrati che a regime sarà frequentato da 60-70mila persone al giorno, quanto uno tra i cento comuni più popolosi d’Italia. Il secondo trasformerà l’area di Rogoredo, tristemente nota come Boschetto della droga, nel Bosco della musica, raddoppio del Conservatorio Giuseppe Verdi su un’area di 16.930 metri quadrati oggi dismessa. Un’anima pop-rock-jazz-elettronica e la vocazione a ricucire un quartiere, a rigenerarlo aprendosi ad esso, decentrando il cuore musicale di Milano e offrendo in periferia quello che ancora manca alla città: un nuovo distretto della musica dal vivo e digitale.

Il terzo, infine, sarà la nuova Cittadella del Teatro alla Scala nel quartiere Rubattino: accoglierà l’Accademia e i laboratori del teatro. Un luogo che racconta l’altra metà di uno dei simboli di Milano, in periferia. Che cos’è oggi Milano? La città, motore della regione, torna a crescere: gli occupati in Lombardia, secondo Unioncamere, sono aumentati del 2,8% nel 2021 rispetto al 2020. A correre: nel 2022 il Pil lombardo (dati Assolombarda) tornerà sopra il livello pre Covid, in anticipo di un anno rispetto al Paese. Ad attirare talenti e turisti: ad aprile in città si sono registrati i livelli di visitatori dello stesso mese del 2019, e un dirigente under 35 su due nella penisola lavora a Milano (dati ManagerItalia).

Eppure, dietro la narrazione della locomotiva d’Italia, Milano nasconde una realtà diversa. Sempre più famiglie non hanno nulla da mangiare: Action Aid ha registrato in alcune mense di Milano la richiesta di aiuti alimentari aumentata del 75% nel 2021 rispetto al 2020, contro un aumento del 30% nel Paese. Il gap di genere nel mercato del lavoro lo scorso anno è aumentato: l’occupazione femminile in città è scesa, con 5mila occupate in meno, mentre quella maschile è cresciuta di 11mila occupati. E non è un caso che in Lombardia nell’ultimo anno si sia dimesso il 10% dei lavoratori, di cui uno su tre a Milano (180mila), la metà di questi sotto i 35 anni, secondo i dati di Cgil Milano: segnale, è vero, del dinamismo del mercato e della possibilità per i lavoratori di cercare un salario e una carriera più adeguati alle proprie competenze o una migliore qualità di vita. Ma anche di un problema a cui si cerca di porre rimedio: Milano è solo 63° al mondo (sebbene prima italiana) nel Global Work-Life Balance Index, che misura l’equilibrio tra lavoro e vita privata nelle città di tutto il mondo, dal 39° posto che occupava nel 2021.

Metà del reddito da super contribuenti

Nel capoluogo più benestante d’Italia la somma dei redditi dei cittadini vale 34 miliardi: la metà, 17 miliardi, è nelle mani di una piccola fetta, il 13,6% dei contribuenti. Anche per questo quella di Milano a diventare una città più orizzontale non è solo un’aspirazione: dev’essere una necessità. «Il tema della città che si risveglia più orizzontale è una metafora interessante» riflette l’assessore alla Cultura di Milano Tommaso Sacchi dal suo ufficio affacciato sulle guglie del Duomo: «L’affermazione ha senso non solo da un punto di vista architettonico, ma da quello delle reti sociali, delle connessioni, dei nuovi spazi per la vita e la cultura della città». Si tratta di «una tensione verso la dimensione orizzontale: è allo stesso tempo una realtà e ancora un’aspirazione», ammette Sacchi. Non solo infrastrutture come la nuova Cittadella della Scala vanno in questa direzione, ma anche il progetto di cultura diffusa nei quartieri, che «vedrà attivarsi i municipi della città, i centri culturali della periferia, dalle case del popolo agli spazi ibridi, alle sale concerto».

Per la cultura diffusa nei quartieri 2,5 miliardi

Il Comune sta mappando i luoghi adatti. Attraverso l’investimento di 2 miliardi e 500 mila euro «porterà cultura o la farà emergere, perché tantissime realtà del terzo settore, della produzione di eventi e di cultura (così come la stragrande maggioranza dei neo milanesi in cerca di una casa) risiedono nelle zone più periferiche». Questo progetto «vuole farli passare dallo studio alla strada, per ridare forza e vita culturale alle reti meno centrali della città. Ci tengo a ripeterlo. Circoli, Arci, Case del popolo: a questi luoghi corrisponde il vivaio dei miglior talenti del nostro Paese». Il problema è, appunto, farli emergere, metterli in collegamento, perché la cultura oggi nasce lontana dal centro.

Ne è certa un’artista milanese, che nelle periferie è cresciuta, come la maggioranza dei nomi arrivati poi al grande pubblico: Malika Ayane: «Di spazi in cui puoi andare a presentare la tua musica o il tuo spettacolo teatrale», dice la cantante rispondendo dallo studio dove sta preparando il suo Summer Tour, «non ce ne sono mai abbastanza. Sono tutti nelle periferie», ma bisogna farli conoscere: «A chi sta gestendo il fermento milanese non importa di andare in centro: questa è una dimostrazione dell’orizzontalità assunta da Milano. Però tutto è ancora lasciato all’autonomia dell’utente che deve trovarsi l’evento. Tante cose sarebbe bello se fossero allargate in termini di comunicazione, messe in rete anche nei quartieri più decentrati». Che oggi, complice il lockdown negli ultimi due anni, «hanno riscoperto un maggiore senso di comunità».

La strada però è ancora lunga, «perché Milano è molte cose» e «ci sono luoghi che non producono narrazione», spiega dal suo appartamento milanese lo scrittore Jonathan Bazzi, che da uno di questi luoghi, Rozzano, periferia sud della città, è emerso raccontando la sua personale resilienza, prima nel romanzo culto Febbre poi, ora in libreria, con Corpi minori. La volontà della città di allargarsi in senso orizzontale, di ricucire ferite, è per Bazzi il risultato di quello che la pandemia ha mostrato alla città, ma che è ancora tutto da costruire: «La prima della classe (Milano) è stata smascherata nelle sue fragilità: una scossa di perturbazione c’è stata e con questa la possibilità di cambiare, di allargarsi». In tante periferie di Milano c’è ancora quella che lo scrittore chiama «una contrazione dell’orizzonte: si cresce e ci si abitua a immaginarsi in un orizzonte che è molto più ristretto di quello realmente possibile. Io sono nato con questa anomalia, andavo a Milano sentendomi diverso e percependo la sensazione che quella distanza potesse essere colmata». I tentativi di sanarla dall’alto ci sono, ma «è ancora troppo poco in un territorio come Rozzano che detiene il più alto tasso di dispersione scolastica del Nord Italia».

Gli interventi più importanti per realizzare davvero una Milano orizzontale vengono «dalla cultura, dall’istruzione: non è giusto che per farcela un ragazzo che viene dalla periferia debba essere l’eccezione, debba disporre di risorse e immaginazione eccezionali. Perché se fai affidamento su ciò che hai attorno, resti in quell’orizzonte contratto». Istruzione di qualità, investimenti e redistribuzione dei servizi: sono questi i tre elementi necessari, secondo Marco Percoco, docente di Scienze sociali e politiche all’università Bocconi. «Da città vivibile solo all’interno dei bastioni a città dei 15 minuti c’è un salto quantico: è necessario un piano di investimenti straordinario, che in questo momento non vedo» . Gli interventi di rigenerazione urbana nell’estrema periferia «devono essere accompagnati dalla redistribuzione dei servizi sul territorio. Cosa rende attrattivo un quartiere? Prezzi accessibili, scuole di qualità e buoni servizi alle famiglie. Crederò alla Milano dei 15 minuti solo quando vedrò ottimi licei nelle periferie. Non basta aprire lo sportello anagrafe o rifare il sagrato di una chiesa».

Che parte fanno i privati

I privati, certo, possono fare la loro parte: «Si può incentivare l’investimento nell’immobiliare, ma poi sta al pubblico redistribuire la qualità dei servizi». Il problema casa Milano continua ad attirare giovani da ogni parte d’Italia, prima che per il lavoro per lo studio, ma se poi 200mila universitari non riescono a trovare casa per via di affitti dai prezzi completamente impazziti, la città ha un problema. E si riflette ancora sullo stesso punto: la necessità di allargare il centro, i servizi, di diventare una città più collettiva e accessibile. «Noi siamo l’ateneo più giovane di Milano», dice la rettrice dell’università Milano Bicocca Giovanna Iannantuoni, «il 35% dei nostri studenti sono fuori sede. Abbiamo una nostra offerta residenziale, ma è insufficiente a coprire le necessità. Su questo Milano deve lavorare, gli atenei stringere un’alleanza, istituzioni e università collaborare per rendere disponibili alloggi a prezzi congrui alle possibilità dei ragazzi. Ci sono bandi aperti per la costruzione di residenze universitarie, ma abbiamo bisogno di una risposta più rapida. I 200mila studenti di Milano sono un motore di energia nella città: dobbiamo prendercene a cura».

È quello che promette di fare il sindaco Beppe Sala, che risponde di ritorno da New York, dove si trovava per un incontro alle Nazioni Unite: «La disomogeneità dei quartieri e le abitazioni troppo care sono le grandi questioni che Milano è chiamata ad affrontare nell’immediato presente e futuro. Il tema dei costi di affitto e di acquisto elevati mette in difficoltà il ceto medio, chi vive una fragilità economica e i giovani che a Milano studiano o vogliono provare a costruire il proprio futuro professionale. Milano è una città universitaria, ma è carente nell’offerta di alloggi a costi vantaggiosi per studenti». Per questo «housing sociale, ristrutturazione e assegnazione degli alloggi popolari sfitti (tra Comune e Regione abbiamo 70mila appartamenti di edilizia popolare), sostegno all’affitto di lungo termine e incentivi all’efficientamento energetico guideranno le nostre politiche», garantisce il sindaco. Che spiega come il Comune cerchi di «sfruttare ogni occasione per promuovere la costruzione di alloggi per studenti e a basso costo». Due esempi: per gli Scali ferroviari si è chiesto che un terzo degli alloggi costruiti sia lasciato ad housing sociale; lo scalo di Porta Romana, che ospiterà il villaggio olimpico nel 2026, sarà trasformato in residenze universitarie al termine della manifestazione. O ancora, il nuovo bando di «Reinventing Cities»: «Quest’anno l’obiettivo è riqualificare delle aree della città, per realizzare 500 nuove abitazioni a prezzo calmierato, con affitti che non supereranno i 500 euro al mese».

Una città orizzontale significa anche una città più solidale. La pandemia, dice incontrandoci a Palazzo Reale il rapper Fedez , che con la moglie Chiara Ferragni ormai è uno dei simboli di Milano nel mondo, «ha risvegliato in me uno spirito di appartenenza importante alla città. Ci sono motivazioni personali che mi spingono a fare iniziative solidali e non ho intenzione di fermarmi: ho già altri progetti per Milano e per le periferie». L’ultima è quella annunciata la scorsa settimana: il concerto-festival gratuito «LoveMi» in piazza Duomo il 28 giugno, che rappresenta un regalo per la città e un’iniziativa solidale per la Fondazione Tog (Together to Go), centro di riabilitazione per bambini con patologie neurologiche complesse. Il ricavato servirà a costruire un nuovo centro per la riabilitazione in viale Jenner. «C’è una ripartenza importante in questo momento», spiega Fedez, «con la scena quasi satura di concerti a pagamento, che comporta una spesa da affrontare in un momento non proprio roseo per tante persone. L’idea di regalare alla mia città qualcosa di totalmente gratuito mi sembrava una bella cosa». Oltreché importante per i bambini malati: «Da un anno mi sono innamorato del progetto di Tog: è un fiore all’occhiello italiano per tutta l’Europa. Mancano due milioni di euro per realizzare il nuovo centro, questo concerto vuole tentare di raccoglierli».

Non solo cielo, riscoprire lo sviluppo orizzontale

Il futuro di Milano, conclude Sala, non guarda più all’insù: «Oggi più che mai è necessario ricucire fisicamente e metaforicamente i quartieri. In alcuni sono stati fatti progressi sul fronte dei servizi offerti, ma le cesure nette tra centro e periferie non hanno senso. È vero che Milano sta vivendo un interessante sviluppo verticale che la rende attrattiva e riconoscibile come città innovativa. Ma ciò che credo sia la vera rivoluzione di Milano è l’aver riscoperto l’importanza di uno sviluppo orizzontale, basato sul vicinato, sul migliorare la qualità di vita dei cittadini. In quest’ottica vanno le ciclabili, il potenziamento del sistema di trasporto pubblico, le iniziative del nostro welfare insieme alla rete del Terzo Settore per non lasciare solo e indietro nessuno». Solo quando si realizzerà davvero una Milano orizzontale allora forse anche Lucia, dalle sue Torri Bianche, guarderà al centro non più da lontano, ma come a un pezzo della sua stessa città.

Autorizzaci a leggere i tuoi dati di navigazione per attività di analisi e profilazione. Così la tua area personale sarà sempre più ricca di contenuti in linea con i tuoi interessi.